DOCUMENTARIO
1954 – b/n – 30′
Mentre la “rivoluzione mediatica” della televisione non influiva ancora in maniera sensibile sugli altri mezzi di comunicazione, il centro cinematografico Incom realizzò un documentario di 29 minuti dal titolo “le grandi alluvioni”[1], del quale quasi 17 minuti furono dedicati esclusivamente all’alluvione polesana. Ormai era quasi impossibile staccare il Polesine dal tema dell’alluvione del ’51. Il film della Incom fu curato da Jacopo Rizza, mentre il testo fu scritto da Ilario Fiore e la voce narrante fu quella di Renzo Palmer. Le cronache dei primi anni ’50 furono, anche e soprattutto, le cronache delle alluvioni. Sembravano dei veri e propri bollettini di guerra. I fiumi si gonfiavano portando distruzione, morte e danni di miliardi per la nazione, già colpita qualche anno prima dalla guerra. Il documentario ebbe il merito di mostrare immagini inedite del disastro. Fu un resoconto giornalistico molto preciso e analitico, arricchito da cartine geografiche, spezzoni di giornali ed interviste. Per la prima volta furono i protagonisti a parlare, i testimoni colpiti direttamente dal disastro. La prima intervistata fu un’anziana signora, seduta al tavolo di una cucina, che raccontò gli eventi della notte di novembre durante la quale il Po ruppe gli argini straripando: «In un attimo scoppiarono gli argini e ci trovammo tutti sotto l’acqua. In un attimo una famiglia di quattro persone se n’è andata e non s’è vista più». Poi fu la volta di un’altra donna: «Quella notte ha partorito una donna e urlava e diceva “dateme acqua e zucchero per el me putìn” e rideva e rideva, e sembrava pazza». Toccò, quindi, a un contadino che, seduto su una sedia vicino all’uscio di casa, con due bambini piccoli accanto, raccontò l’episodio del camion della morte: «Abbiamo visto un camion di 40 persone rovesciato nell’acqua». Gli fece eco un altro, che completò il racconto: «Quei poveretti cercarono di attirare l’attenzione delle squadre di soccorso, ma non ci sono riusciti. A poco a poco, alcuni cominciarono ad impazzire. Un giovane finì di fumare tranquillo una sigaretta e poi si gettò in acqua annegandosi. E così due donne si strinsero addosso le loro creature e, urlando, si gettarono. Solo in sette si salvarono». Una giovane donna narrò l’episodio del salvataggio della sua famiglia: «Mi ricordo che sono scappata con i miei genitori in una barca e, durante il viaggio, abbiamo trovato dei fili dell’alta tensione e ci hanno bloccati. Siamo stati fermi tre giorni senza mangiare e abbiamo trovato delle galline affogate, annegate nell’acqua. Avevamo dei fusti di benzina appresso, abbiamo preso queste galline, le abbiamo cotte e le abbiamo mangiate. Poi son venuti i pompieri a salvarci». Un testimone d’eccezione, il giornalista e scrittore Orio Vergani, dichiarò di aver visto sull’acqua dell’orribile laguna un panierino galleggiante con dentro un bambino appena nato. Vivo e strillante a pieni polmoni, come un Mosé salvato in fasce dalle acque. Vicino ad un pagliaio, una contadina, nella zona di Adria, raccontò: «Accorsero in tanti. Si stava alle finestre con i bambini e si calavano i panierini dicendo “acqua! Acqua! Acqua!”; era tutto sommerso, ma quell’acqua non si poteva bere perché era troppo sporca». Questa fu, invece, la testimonianza di un contadino, che fu inquadrato con dei cavalli alle spalle: «Rimasi sull’argine per giorni in attesa che arrivasse qualcuno a prendermi. A un certo momento arrivarono i vigili del fuoco che mi venivano incontro dicendomi “ma volete venire di qua o no?”. Io gli dissi: No, se non portate via anche le mie bestie! Questo qui è il cane nostro e questa è la vita nostra! Se non lo fate non mi muovo».
[1]Documentari Incom – [1950-1954] – Le grandi alluvioni